SSSSSSSILENZIO🤫

Il silenzio è un grande assente della nostra quotidianità.

La comunicazione verbale ha ormai preso il predominio sulla dimensione dell’ascolto di sé stessi e degli altri, togliendo spazio ad altri tipi di linguaggio di cui siamo effettivamente capaci.

Pensiamo al linguaggio del tatto, al linguaggio dell’olfatto e sopratutto quello dello sguardo 👀!

Il silenzio sottolinea le nostre sensibilità. Stando in silenzio non solo possiamo ascoltare con maggiore attenzione la parola dell’altro, e quindi “incontrarlo”,ma anche dar spazio all’altro di prendersi i suoi tempi per gestire parole,pensieri ed emozioni.

Indubbiamente oggi sempre più, notiamo comportamenti sociali “orientati” al rumore, all’ascoltare qualcosa per sfuggire il silenzio che spesso diventa pesante, ingombrante “rimandando” anche l’ascolto di sé.

Invece credo fermamente,che anche il SILENZIO ha la sua bellezza, e che fermarsi ad ascoltare il silenzio è un esercizio funzionale, utile oserei dire opportuno (da praticare con costanza)

Il silenzio ha un significato, anche durante i colloqui, il cliente può scegliere in qualche frangente di restare in silenzio e io in attento ascolto, come diceva il grande Paul Watzlawick e i teorici della comunicazione “non si può non comunicare”.

Nel tempo dedicato al colloquio vale anche il silenzio (eccome!)

Io amo il silenzio anche se difficile da ricercare, ma davvero utile e fondamentale.

E tu che rapporto hai con il silenzio? hai voglia di raccontarmelo qui sotto ? seguimi e a presto 😉

foto autobiografica 😉

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OK?👌

Uno dei principi del modello teorico a cui faccio riferimento, l’analisi transazionale, che trovo molto utile nel lavoro con le persone è il principio dell’Okness.

L’okness si può sintetizzare con “io sono ok, tu sei ok”: andiamo entrambi bene, il che presuppone vedere se stessi e l’altro in una posizione paritaria; può non andare bene quello che uno fa ma andar bene quello che è. Le posizioni di vita apprese da piccoli e mantenute da adulti comportano che la persona nelle situazioni in cui si trova assuma e dia più risalto a tutto quello che le conferma la posizione appresa. Nella quotidianità spesso questa posizione non si mantiene sempre appunto, si sperimentano altri modi di percepire se stessi, l’altro e le situazioni.

– Io sono Ok, tu non sei Ok: è la posizione in cui il soggetto mette se stesso in una posizione up e l’altro in una posizione down, una sitiuazione di prevaricazione e di poca considerazione dell’altro. Questo tipo di posizione può portare a relazioni violente;

– Io non sono Ok, tu sei Ok: è la posizione in cui le persone sperimentano inadeguatezza, non si sentono meritevoli, capaci mentre l’altro è percepito come capace, meritevole. Chi sperimenta questa posizione può vivere esperienze di ritiro, non si mette in gioco per paura del fallimento;

– Io non sono Ok, tu non sei Ok: è la posizione in cui né sè né l’altro sono percepiti come capaci, in grado di fare qualcosa. È una posizione di scoraggiamento complessivo.

durante i colloqui si mantiene: la posizione “Io sono ok, tu sei Ok” – esprieme la convinzione che ogni persona abbia in sè le potenzialità per cambiare.

Riflettendoci un po’ solitamente tu “in che posizione ti trovi?”

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